Condannati recidivi. Continua il sacco delle coste calabresi

La storia dà torto e dà ragione. Così canta il poeta De Gregori, e infatti il tribunale della storia ha ormai condannato senza appello i massacratori dell’ecosistema costiero calabrese, i modernizzatori che in pochi decenni hanno urbanizzato, cementificato, banalizzato una meraviglia lunga 780 chilometri, dedicandosi dunque con tenacia a una delle tante specializzazioni dell’antropizzazione violenta del mondo. Il dispositivo della sentenza di condanna è fornito dalla conclamata crisi ecologica planetaria, per affrontare la quale non bisogna piazzare pale eoliche in mezzo al mare, a scapito dei boschi e su tutti i crinali, né pannelli fotovoltaici sui terreni naturali e agricoli, che consumando suolo e distruggendo ecosistemi aggravano il problema, piuttosto è necessario darsi una calmata, modificando in profondità i modi di vivere, di produrre e di abitare in rotta di collisione con i limiti biofisici del Pianeta.

L’alterazione dei cicli geochimici, l’avvelenamento dell’ ambiente, il degrado crescente degli ecosistemi, la perdita continua di biodiversità, il riscaldamento globale decretano l’insensatezza, l’autolesionismo della furia biocida connessa alla crescita economica, e mettono l’umanità di fronte a un compito indifferibile: la cura e la guarigione della biosfera. La storia ha cambiato il suo corso e urge passare a una fase più avanzata, responsabile e felice della civiltà umana, anche se chi manovra le leve dell’ economia, della finanza e della politica di mestiere finge di non capirlo, baloccandosi tutt’al più con lo sviluppo sostenibile e le energie rinnovabili, cioè con nuove gattopardesche frontiere dell’ affarismo per continuare la corsa distruttiva sotto le insegne dell’ecologia. Anche questa arrampicata sugli specchi è antistorica, basta dare un’occhiata alla fondamentale rappresentazione dei principali cicli vitali naturali elaborata da Johan Rockströme e Will Steffen (Planetary Boundaries), dalla quale Paolo Cacciari ha estratto il succo nella mirabile maniera che segue: Considerando che la rottura dei cicli vitali è avvenuta a causa della crescita delle attività antropiche, in particolare quelle industriali di massa, si rende necessario e urgente diminuire la pressione della specie umana sull’ecosistema terrestre. L’umanità deve arretrare, ridurre lo spazio antropizzato che occupa nel mondo. Se vuole salvarsi… deve lasciare alla libera rigenerazione dei sistemi naturali almeno il 50% delle terre emerse è una percentuale dei mari ancora maggiore.

È tempo allora di tornare al punto di partenza, al sacco delle coste calabresi che infiniti lutti ed esborsi addusse agli abitanti della regione: per esempio i protervi lungomari impermeabili hanno azzerato i sistemi dunali, favorito l’erosione manomettendo l’ordinaria dinamica costiera e hanno imposto salassi al contribuente perché le ricostruzioni dopo le mareggiate sono state capaci di aprire una vera e propria voragine in cui sono precipitate enormi quantità di denaro pubblico. Un lungo, acceso e opportuno dibattito, ospitato soprattutto dal Corriere della Calabria e dal Quotidiano del Sud tra il 2016 e il 2020, ha avuto il merito di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema. La discussione intorno alla gestione del litorale di San Lorenzo e Condofuri, paesi dell’estremità meridionale della Calabria tra loro limitrofi, ha contrapposto in quegli anni i fautori dei vecchi sistemi a base di asfalto e cemento ( l’amministrazione dell’ epoca del primo comune e i suoi pochissimi seguaci ) ai sostenitori di un nuovo corso fondato sulla rigenerazione degli ecosistemi costieri. Il secondo più illuminato e qualificato gruppo annoverava, accanto al funzionario di zona della Soprintendenza, un gran numero di ingegneri ambientali, urbanisti, botanici, biologi, architetti, scrittori, artisti e intellettuali come Carlo Rovelli, Gioacchino Criaco, Salvatore Settis , Piero Bevilacqua, Alberto Ziparo e Giovanna Marini, oltre all’amministrazione comunale di Condofuri che, in sinergia con questo pezzo di società civile, partorì il progetto di rinaturalizzazione denominato “Parco a mare”.

In quegli anni, molto spesso, chi criticava l’attardamento del comune di San Lorenzo parlava di inseguimento del “modello Rimini”, simbolo nell’ immaginario collettivo dell’artificializzazione spinta del litorale. Sennonché, nel frattempo, Rimini voltava pagina e sembrava, intercettando decine di milioni dei fondi per la rigenerazione urbana, accodarsi al modello Condofuri deimpermeabilizzando, ripristinando le dune e creando una passeggiata per pedoni e ciclisti nella frescura degli alberi di cui ha curato l’impianto. Tutto questo nell’ambito della realizzazione di un progetto chiamato “Parco del mare”, inizialmente osteggiato da albergatori e commercianti che poi si sono pubblicamente dovuti ricredere avendo ricavato dalla trasformazione soltanto grandi vantaggi.

Ci sarà un futuro per l’umanità soltanto se tutti gli scempi del territorio, compresi quelli costieri, verranno sempre più frenati da amministratori con la testa sulle spalle, disposti a contrastare i ciechi appetiti dell’economia biocida, e da abitanti consapevoli e combattivi, pronti a lottare per la difesa dei loro ambienti d’ insediamento. Per assorbire CO2, evitare isole di calore e incremento dell’erosione non bisogna progettare un porto a Soverato e costruire pennelli a Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (Catanzaro) o altrove, ma smantellare il porto di Badolato e ripristinare le dune dappertutto. La specificità e le bellezze naturali rendono più attrattivo per il turismo qualsiasi luogo, mentre l’omologazione e la cementificazione creano alla lunga effetti deterrenti: per questo nelle Baleari già nel 1996 le municipalità locali sono state costrette a mettere a punto un “piano di eccellenza turistica“ e ad abbattere alcuni ecomostri divenuti in maniera incontrovertibile controproducenti. E in ogni caso, come dicono gli anziani della Calabria meridionale, U mari sempri si pigghia u soi, e apoi rrestamu cû culu nterra. (traduzione: Il mare avrà sempre bisogno del suo spazio per muoversi e distruggerà i manufatti umani collocati dove nulla di rigido ci doveva essere, e noi ne pagheremo le conseguenze trovandoci a mal partito).

Coordinamento regionale Controvento – per la difesa del territorio calabrese
Laboratorio territoriale di San Lorenzo e Condofuri

 

 

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